Domani c’è la Tratta: il sindaco, Fabio Nicoletta (cit.), assegnerà dieci cavalli alle contrade che correranno il Palio, e comincerà la festa di Siena: la sera si correrà la prima prova, e si continuerà correndone due al giorno, una al mattino e una di sera, fino al 16, giorno fatidico.
La mia prima volta in piazza fu vent’anni fa: mi accomodai sui palchi e trionfò la Tartuca. Su questo fondai il mio ruolo di portafortuna che abbagliò l’amatissima moglie, già impressionata da un mio blitz vincente in tribuna, in quel di Modena, che valse la vittoria e la salvezza matematica della Robur, nel suo primo campionato di serie A.
Oltre al ruolo di talismano non sono mai andato. Oddio, una volta ho fatto un blitz nel Drago per accompagnare un amico fotografo, la mattina del Palio, e il Drago vinse. Accetto quindi contributi sostanziosi da contradaioli per tentare riti propiziatori, chiaramente senza clausola soddisfatti o rimborsati.
In vent’anni non sono riuscito a uscire dalla mia dimensione forestiero e gazzilloro: evito la seconda per le origini romane, che rendono difficile classificarmi come campagnolo zotico, ma la prima me la merito tutta, viste le innumerevoli gaffe fatte, nonostante la cura amorevole con cui hanno tentato di educarmi alla nomenclatura e alla sequenza degli eventi.
A mia discolpa va detto che la terminologia applicata alla competizione è completamente diversa da quella usata per le corse dei cavalli o le competizioni sportive in genere. Sono troppe, cioè, le cose che non si possono dire come ti vengono, senza fare delle figure cacine.
Pur abitando in città e seguendo con piacere le vicende paliesche, non riesco a sentirmi troppo distante da quelli che aspettano da un momento all’altro l’arrivo degli arcieri, applaudono gli sbandieratori (non si dice: loro sono alfieri) o si vestono in maniera inappropriata, con i fazzoletti comprati in giro per la città, per tacere di quelli che non capiscono bene cosa sta succedendo e se ne vanno via dalla città quando sta cominciando il bello della festa.
Sono a un livello appena superiore: conosco le Contrade, definizioni colori e territorio, ma non arriverei indenne in fondo a un quiz appena approfondito. Ho esperienza: ne ho viste vincere 14 su 17, ma non mi sento responsabile per non aver ancora fatto vincere le altre tre: non è colpa mia se non mi hanno ancora ospitato la mattina della Carriera come fece opportunamente il Drago, e comunque ero col mio amico fotografo che potrebbe aver portato bene lui. In ogni caso rifiuto ogni responsabilità: si picchiano anche i santi per molto meno.
Ho mangiato spesso nelle feste e nelle fiere che le contrade allestiscono: si respira un’aria di festa, loro sono contenti di stare tutti insieme e mettono in piedi organizzazioni perfette: 17 popoli che si godono la festa, cercando di dominare l’ansia che cresce man mano che si avvicina il grande giorno.
Tensione che non scuote il turista col naso per aria, la sua propriocezione alterata dalla calura, dalla folla, dalla mancanza di conoscenza. Non tutti, però, ci sono anche quelli esperti che fanno da ciceroni a parenti, amici e conoscenti, facendo sfoggio di conoscenza specifica che spesso cade a un primo superficiale approfondimento.
Non che si sia tutti così, noi foresti. C’è chi si battezza in Contrada, chi ne segue la vita nei giorni di Palio, chi lo fa tutto l’anno. Ma se non sei stato bambino in Contrada non puoi recuperare il gap, sarai sempre acquisito, anche se vieni accolto dal più caloroso degli abbracci. Non starò qui a fare retorica su Siena e le Contrade: chi ci vive sa di che si tratta. Chi non lo sa non se lo può immaginare facilmente.
Il Palio, comunque, è una cosa troppo seria per parlarne senza cognizione di causa. Ci si può però abbandonare al flusso cittadino, osservare i popoli che sfilano cantando dietro al cavallo, evitare accuratamente di considerare il Palio come una gara sportiva, perché il secondo non è un vicecampione, ma uno che vive una specie di dramma.
Lo sport non c’entra niente, anche se l’occhio dell’osservatore esperto è nutrito da statistiche curatissime, che documentano quattro secoli e più di vittorie celebrate, e ricordate dall’esposizione del Palio nel museo della Contrada, ma anche le attitudini e le prestazioni dei cavalli che vengono ammessi alla Tratta.
Statistiche, dati, risultati che non rappresentano una garanzia, perché l’impatto della Piazza condiziona chiunque, bipedi e quadrupedi. Luogo magnifico che cura e che può annichilire, quando è piena di gente vociante. Domani qualche Contrada esulterà, altre usciranno in silenzio.
Per tutte comincerà in quel momento la cura infinita del cavallo, che è l’unico in grado di dare la vittoria. Ce n’è uno biondo, si chiama Remorex, che ne ha vinti due scrollandosi di dosso l’ingombro del fantino. Chissà che non tornino a sceglierlo.
Della corsa stando in Piazza si capisce poco, tutto dura appena un minuto e qualcosa. Ma il prima va vissuto, e il dopo è un’esplosione di gioia e di sollievo, e tristezza per chi vede vincere la rivale. Sentimenti che vanno rispettati senza giudicare, limitandosi a osservare con discrezione.