AntiNaziFascismi (intermittenti) da stadio/La Lazio proprio non è fascista neanche un po'
Di quando uno non ne può più di ripetere sempre la stessa solfa, ma gli tocca, perché certe cose non si possono sentire/leggere/vedere
Cari amici, chi mi conosce un po’ più da vicino sa che ho versato più di una goccia d’inchiostro e di sudore sul tema degli ultras neonazifascisti annidati nello stadio laziale e su quello dell’associazione della Lazio al fascismo.
Non ci tornerò sopra, benché il tema torni periodicamente di stretta attualità, sia perché non si è fatto granché per risolvere il problema, sia perché c’è un’attenzione intermittente sulla questione, legata soprattutto a motivi di tifo.
Quello che mi fa arrabbiare è che c’è un meccanismo, ormai scoperto, di rimozione, che enfatizza solo certi comportamenti, e non altri analoghi, a seconda di chi li pone in essere. Per ricapitolare la questione, e aggiornarla con i fatti più recenti, faccio una lista sintetica per punti:
Nel corso dell’ultimo derby un tedesco imbecille tifoso del Lipsia si è recato allo stadio, settore Monte Mario, quello con i prezzi più alti, indossando una maglia della Lazio con il numero 88 e la scritta “Hitlerson” al posto del nome del calciatore;
L’imbecille e i due cittadini rumeni che lo accompagnavano sono stati classificati come indesiderati dalla Lazio, in base a un codice etico di recente istituzione, che spero sarà applicato il più frequentemente possibile, e non potranno più mettere piede nello stadio biancoceleste;
La curva laziale da qualche tempo prende in prestito un coretto inventato dai tifosi del Milan, lo modifica con una strofa antisemita e lo canta per lanciare un vaffanculo ai tifosi romanisti; in virtù del finale del coro in molti si accodano senza comprenderne la parte iniziale, altri si appecoronano come sempre. Si avvicina sempre più il momento in cui la società verrà sanzionata con multe e/o squalifiche di parte delle tribune per questo coro. Sorge domanda spontanea sulla ricattabilità della società da parte di certi soggetti, stante l’emorragia di soldi che deriva da certi comportamenti, dal che:
a) perché non chiedere i danni a chi viene identificato;
b) applicare il codice etico in base al quale il cretino di Lipsia diventa Persona Non Grata e te lo sciacqui dagli zebedei: auspicabile giro di vite della società;
da qui discende:
c) che i comportamenti nel mirino siano rappresentabili come un’estorsione, il che succede fin dagli anni ‘80, quando il presidente del Verona campione d’Italia denunciò questa pratica da parte dei suoi “sostenitori”;Da quando esiste questo fenomeno in curva, esiste gente che lo condanna e lo combatte dal di dentro. Semplici tifosi, comunicatori, aggregati o meno, osservatori. Al momento si distingue l’organizzazione volenterosa e attiva che si chiama Lazio e Libertà (twitter: @lazio_e). Poi c’è gente che lo stigmatizza da fuori, spesso generalizzando, a volte distinguendo. Alcuni commentatori, anche illuminati, ritengono che il fenomeno sia arginabile da parte dei tifosi “normali”, mediante l’espressione sonora del dissenso: fischi o che.
Segnalerei a lorsignori che i tifosi “normali” dovrebbero porsi come argine rispetto a un plotone di alcune decine di energumeni, facinorosi, spesso pregiudicati, alcuni, come emerso negli anni, con consuetudini malavitose a vari livelli, anche mafiosi, sia nel mondo laziale che negli universi delle altre squadre maggiori. Gente abituata a picchiare e a minacciare, che spesso ingaggia scontri cruenti con la polizia. Come possa contrapporsi incisivamente la gente normale senza finire all’ospedale non è dato sapere;A proposito di commenti, chi taglia corto e tira dritto con l’equazione laziali=fascisti mette in mezzo le centinaia di migliaia di tifosi della Lazio che fascisti non sono; sarebbe poco simpatico se si desse del salviniano a qualunque varesotto, anche a quelli che contro certe porcherie si battono;
Come detto un milione di volte, il fenomeno esiste anche in altri ambienti ultras, quasi tutti occupati più o meno militarmente da gruppi legati all’ultradestra, da tutte le parti d’Italia;
L’enfasi che sottolinea certi eventi finisce per promuoverli, perché lo spazio guadagnato sui media viene rivendicato come trofeo da chi riesce ad ottenerlo; questo attiva con più forza il meccanismo di emulazione sul quale si basa il proselitismo, ormai almeno da un quarto di secolo, con evidente accelerazione negli ultimi tempi;
Il fatto che si sbatta il mostro laziale in prima pagina attira, in occasione degli eventi notevoli a cui partecipa la Lazio (per esempio, il derby), l’attenzione di diverse decine di dementi come il tizio di cui si parlava all’inizio, giunto da Lipsia per fare il coglione. Non bisogna però pensare che il meccanismo d’emulazione sia veicolato solo da minus habens: la capacità di delinquere e di esprimere un carico notevole di violenza è testimoniata dal lunghissimo elenco di devastazioni firmate dagli ultras violenti in giro per l’Italia;
L’informazione deve agire perché si diffonda la conoscenza del fenomeno, evitando di fargli da vetrina e indagando di più sul radicamento nel territorio, che non è affatto circoscritto negli stadi ma si diffonde capillarmente altrove, anche sospinto dal vento favorevole, reale o anche solo percepito, che arriva dalla svolta destrorsa al governo del Paese;
L’indebolimento della memoria del totalitarismo, della guerra nel Paese, della Shoah è responsabilità di tutti, nessuno escluso; anche su questo si basa il proselitismo nazifascista razzista e antisemita da curva ed extracurva;
La rimozione sistematica delle frequenti manifestazioni razziste e antisemite della tifoseria romanista, in chiave tifosa, alimenta il problema, il che squalifica chi denuncia. Sono stati passati sotto silenzio o denunciati debolmente gli Hitler in maglia giallorossa, le Anna Frank in maglia biancoceleste, i mille striscioni esposti allo stadio, le bandiere del terzo Reich, le innumerevoli scritte antisemite dei romanisti che riempiono i muri di Roma alternandosi a quelle dei laziali. Il problema sussiste nella società, non in una curva, e nascondere quello che succede nell’altra è ipocrita e va a scapito di chi è antifascista, davvero, per scelta di vita, e mai ometterebbe di denunciare un vigliacco atto razzista o antisemita.
Il fascismo è morto e sepolto e consegnato ai libri di storia? Col cazzo.
Cambia il clima in cui accadono certe cose, ma l’intento di questi gruppi è preciso e trovano terreno fertile nello strumentalizzare l’enorme disponibilità di idioti manipolabili attraverso i social.La prova, a parte gli accadimenti internazionali, la fornisce l’assalto alla sede della Cgil dell’anno scorso, messo in atto dai soliti noti con l’ausilio di qualche stracciaculo no vax, per provare l’ebbrezza di compiere un’impresa fatta un secolo prima dagli squadristi di Mussolini.
Cambia il contesto, perché il clima di violenza di allora e la consuetudine con la morte dei reduci della Grande Guerra non è riproducibile oggi, ma il gioco è quello e si farà bene a non sottovalutarlo, e a non alimentare scontri e ricerche del nemico come accade troppo spesso, chiamando in causa anarchici, immigrati e compagnia odiata;I luoghi comuni sulla Lazio si confutano facilmente, basta girare per la città: la Lazio è Roma ed è radicata ovunque, anche se si ritiene prevalga in certe zone, proprio quelle dove i commentatori in superficie dei risultati elettorali collocano il grosso degli elettori di centrosinistra.