Cari amici, certe volte le notizie che arrivano danno delle accelerate su certi temi talmente spinte che non ce la fai a seguirle. Il nuovo Cda dell’Agenzia italiana del farmaco, immortalato nella foto, è composto da soli uomini, in spregio oppure come sfida alla questione femminile che si fa strada sempre di più nelle chiacchiere, senza che per questo si muova mezzo granello di sabbia a ingrippare l’ingranaggio del maschilismo, patriarcato o che, fate voi per definirlo perché io non so andare oltre.
L’accelerazione è dovuta al fatto che, apprendendo del tavolo di piselloni messo insieme da Bruno Vespa la sera prima per parlare di quello che accade nell’utero delle femmine, avevo pensato, chissà come funzionano certe connessioni, ai Vedovi Neri di Isaac Asimov.
Il circolo dei vedovi neri era un tavolo di uomini, tutti maschi, che si riuniva in un ristorante, ospitando una persona che poneva un enigma, alla fine del lauto pasto innaffiato di abbondanti bevande alcoliche. L’enigma, forse per via del livello etilico, faticava a sciogliersi in una soluzione plausibile, fino a quando arrivava Henry, maggiordomo (cameriere) discreto, dotato di senso logico non comune, a sbrogliare la matassa. Il caso era risolto, arrivederci alla prossima riunione.
La rigogliosa fantasia di Asimov produceva di pari passo fantascienza d’importanza miliare (Io Robot, Ciclo delle Fondazioni e tanta altra roba sopraffina), divulgazione scientifica (il libro di Fisica) e, appunto, il divertimento dei raccontini seriali dei vedovi neri, che scriveva negli anni ‘70, mi pare, in un’epoca in cui la questione di genere era meno avvertita.
E tralascerei anche ulteriori approfondimenti sulla questione, non dirò perciò che ho sentito di giustificazioni offensive di Vespa (c’era da parlare anche di altri argomenti, che evidentemente non potevano essere oggetto di riflessione femminile, eccetera).
Li tralascio non perché non siano importanti, ma soltanto perché la notizia di oggi se le porta via tutte: Serena Bortone ha annunciato che l’intervento di Scurati previsto sull’argomento del 25 aprile è stato cancellato dalla Rai, senza apparente motivazione. La Rai ha poi fatto sapere che trattavasi di beghe contrattuali, smentita dall’uscita di una mail che invece parla di motivi editoriali.
Sia come sia, in questa progressione ungherese è evidente che ci sono argomenti “divisivi”: le femmine non parlano e l’antifascismo è roba da mandare in soffitta. Siccome però Scurati dice e scrive verità incontrovertibili e documentate io riprendo il testo del suo monologo che circola, perché in tempi distratti come questi più gente lo legge e meglio è.
Eccolo. Fatene buon uso. Tenetelo a mente.
Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.
Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.
Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.
Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.