Cari amici, come sapete sono uno attento alle questioni che riguardano il lavoro. Tralascio commenti sulle atroci notizie provenienti in settimana da Camugnano/Suviana, perché per quanto nello specifico sconvolgenti fanno parte di un continuo, ed è inutile liquidarle come fatalità. Semmai occorre indagare sulle cause e trarne le conseguenze, ma intanto chi è morto giace e siamo di fronte all’ennesima strage di lavoro, la seconda che ha fatto notizia seriamente nel 2024, dopo quella dell’Esselunga di Firenze. Questo per dire che non si tratta di eventi estremi o di situazioni-limite, ma del quotidiano del lavoro. Anzi, succede tutti i giorni e solo ogni tanto lo veniamo a sapere.
Mi torna in mente, leggendo un libro che mi ha regalato mia moglie per traviarmi (Fuori le palle di Victoire Tuaillon, lo leggi e addio mascolinità), un bel pezzo di Works di Vitaliano Trevisan, che racconta delle sue esperienze (estreme) lavorative, in particolare quelle passate a lavorare sui tetti, a piazzare le grondaie con un gruppo di lattonieri. Libro da leggere, scrittura magistrale, denso e corposo, tra l’autobiografia e l’autofiction (spero).
Il compianto Trevisan raccontava di lavoro come continua prova di coraggio, resistenza alla fatica, rischio eccessivo calcolato, ma basato spesso sulla scommessa: efficienza del collega, capacità di stare concentrati per non scivolare, sporgersi a lavorare a diretto contatto con il vuoto senza usare dotazioni di sicurezza, che intralciano e fanno perdere tempo: espressione di norme antinfortunistiche ottuse, che non tengono conto della necessità di fare un lavoro in tempi economicamente compatibili con la commessa che si sta portando avanti.
Che c’entra la mascolinità? C’entra, se l’apprendistato lavorativo, che sia a 15 o a 35 anni, impone vere e proprie prove di coraggio, da superare sfidando le regole della sicurezza. Anch’io, nella mia breve ma intensa esperienza giovanile da operaio ne ho superate, non senza paura e sotto comando perentorio: sali lassù, stai fermo lì, non ti reggere, tieni le mani libere, usa la carrucola a braccia senza elmetto, lavora con la sega circolare o col frullino senza protezioni, niente guanti, scarpe da ginnastica e via, a guardare gente che si arrampicava sui ponteggi fatti di tubi innocenti, anni ‘80, semplicemente dando la scalata alla rete di tubi. Senza protezione mai. Pontaroli a cavalcioni del tubo sul vuoto e via rischiando.
Ok, l’essere maschi impone per definizione dei ruoli il superamento di prove. L’uomo ha da puzzà. Questo ovviamente non c’entra con il dovuto rispetto delle prescrizioni e delle norme antinfortunistiche o di salute sul luogo di lavoro, ma gioca un ruolo nel momento in cui si dà per scontato che la migliore resa lavorativa parta anche dal sorvolare su certe precauzioni, per tacere di quando, e purtroppo la casistica in questo senso è sconfinata, l’attività lavorativa stessa, il luogo di lavoro, il materiale maneggiato espone a rischi per la salute talvolta mortali, spesso letali nel lungo periodo, e quando non letali usuranti e invalidanti.
Questa settimana:
Oggi - I lavoratori GKN di Firenze stanno prototipando una cargobike per provare a sviluppare un progetto che gli consenta di recuperare reddito. Sono senza paga da tre mesi. Hanno bisogno di passaparola, di ordini e di solidarietà attiva. Resistere a ogni costo la loro parola d’ordine.
Qua sta la loro pagina facebook con qualche dato in più:
https://www.facebook.com/coordinamentogknfirenze
10/4 Sul progetto (un po’ sospetto) di Pizzarotti per l’ex CARA di Mineo per rispondere al grido di dolore delle aziende senza manodopera e sulla posizione (altro che sospetti) dell’Autorità
In una pagina del Corriere della Sera di ieri Milena Gabanelli raccontava della proposta della Pizzarotti, grande impresa di costruzioni italiana, di rimettere in funzione e organizzare il famigerato CARA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Mineo, progettando, realizzando e gestendo una struttura dove accogliere e formare richiedenti asilo e immigrati a vario titolo, per avviarli al mercato del lavoro, accogliendo il diffuso grido di dolore delle aziende prive della manodopera di cui hanno bisogno.
A parte il dubbio sulla bontà dell'iniziativa e il sospetto che si possano ricreare ghetti e luoghi di dolore, ci si stupiva del silenzio delle istituzioni, che non hanno preso in considerazione la proposta, pare, nemmeno per rifiutarla.
L'accoglienza, l'orientamento e la formazione delle persone che a vario titolo arrivano in Italia dalle rotte dell'immigrazione è una questione di civiltà, prima ancora che di opportunità reale, visti i bisogni del mondo del lavoro di cui sopra, abbondantemente documentati da dati reperibili ovunque.
Resta però la volontà, purtroppo trasversale, di "governare" il problema lasciando che sia una questione di sicurezza, il che crea consenso elettorale a basso costo, oltre a riservare braccia a buon mercato per il caporalato, l'impresa priva di scrupoli e la malavita organizzata.
Tutto sommato gestire l'immigrato, censirlo, orientarlo e assisterlo non conviene quasi a nessuno, anche se farebbe comodo a molti.
9/4 Il Ministro della Cultura ogni tanto fa una gaffe e dice una cosa che fa accapponare la pelle. In tanti ne hanno chiesto le dimissioni dopo la scivolata su Times Square spostata a Londra, senza dimenticare l'uscita infelice dell'anno scorso, quando dichiarò candidamente di non aver letto i libri per cui aveva votato da componente della giuria del Premio Strega, rimbrottato da Geppi Cucciari. Ma è giusto?
Il problema non è tanto la competenza specifica di un ministro: se ne sono visti di tutti i colori farne di ben peggiori, anche nella stessa compagine in carica oggi a Palazzo Chigi. La questione è semmai autorevolezza vs. nomina politica.
Ci sono figure di tutto rispetto che potrebbero essere cooptate in un Governo di destra per amministrare la cultura. Un nome: Franco Cardini? Ma se la PdC pesca nella sua squadra dà per forza una maglia a quelli che trova, nelle liste che gli italiani hanno votato allegramente. E quindi torna la questione: giusto che il ministro sia espresso dalla maggioranza, se non è buono pazienza. Il Popolo ha deciso.
Starebbe a G. pesarne la spendibilità in certi contesti: se proprio non si può rimpastare si potrebbe suggerire un profilo più basso. Che dai e dai alla fine tocca nascondersi dietro a una giacca per davvero...
Dovrei cominciare a scrivere una rubrica per degli sconsiderati che mi danno spazio, una specie di “Stili di vita”, che in mano a me posso immaginare che cosa viene fuori. Tra l’altro questa settimana ho chiuso e spedito un racconto per un concorso letterario. Non avevo mai fatto niente del genere. Immagino le risate quando i giurati lo leggeranno. Vi saprò dire dell’esito.