Resistenti, militanti, idioti
Considerazioni a margine delle feste comandate e delle liturgie cimiteriali
Cari amici, veniamo da più di una settimana in cui radio e televisioni si sono trasformate in emittenti vaticane, al punto che Radio Maria pare in confronto una stazione radiofonica laica.
Lo stesso GR1, che da tempo è una specie di Giorgiale Radio, salvando Zanchini e poco altro, ha relegato qualunque altra notizia alla stregua di una brevissima di quelle tipo Si getta nel canale e affoga per salvare il Chihuahua della fidanzata.
Ora, va bene, è morto il Papa, e poi un Papa popolare, amato, beatificato eccetera, ma calcolando quanto stava sugli zebedei a un sacco di chierici e di fedeli, tipo Matteo S., per dirne uno, mi pare strano tutto questo diluvio di lagrime cocenti e tutto questo stracciamento accorato di vesti.
Jorge mi stava simpatico, era un tifoso di calcio e uno che rompeva il cerimoniale, non certo uno da ciabatta rossa di Prada, ma insomma era Papa e faceva il Papa, quindi c’è poco da inventarsi pseudorivoluzioni mai avvenute.
Piuttosto mi concentrerei sulle parole edificanti che ha detto, a sostegno di qualche causa. Tante.
Per esempio, genocidio.
Ora, uno il coraggio non se lo può dare, diceva giusto un famoso prete manzoniano. E quindi il coraggio di usare le parole giuste per raccontare quello che accade lo trovano in pochi.
Sulla pubblica piazza di un paesone toscano certe parole le scandiva il 25 aprile un militante tedesco pro Palestina. Ascoltarlo mi ha fatto riflettere. Un’invettiva furiosa contro Israele e una chiamata all’azione, nei limiti del possibile: manifestate, incazzatevi, urlate eccetera. Militanza.
Per chi volesse cercare le ragioni della Storia, è doveroso analizzare a fondo le cose e fare tutti i distinguo possibili, mettere i puntini sulle i, dare a Cesare quello che eccetera. Per questo quando sento e leggo le invettive contro le atrocità commesse dagli israeliani mi sento più che d’accordo su alcuni punti e meno su altri.
Se si parla di bambini, di apartheid, di stermini programmati eccetera aderisco dal 100 al 1000%, se si entra alzo zero sulla gente che sta lì e magari è contraria fatico, anche se ce la stanno mettendo tutta, sia contrabbandando ogni critica per antisemitismo, sia tentando di agitare l’opinione pubblica per far valere ragioni che diventano sempre più deboli, visto quello che accade.
Irricevibili.
Una cosa che sembra ripetere uno schema: il carnefice che accampa qualsiasi motivazione per sentirsi nel giusto mentre opprime, tortura, massacra e perseguita è una figura già vista troppe volte per meritare credito.
Però mi chiedo: siamo noi tutti responsabili di quello che accade in Italia, se non abbiamo votato per chi ne determina gli eventi governando? No, io accetto il prodotto della democrazia, ma col cavolo che mi sento responsabile di un Paese in preda a uno scivolamento fascistoide. Anzi, sono un cittadino arrabbiato.
Diverso però il discorso se il Paese in questione si sta macchiando di genocidio. Nel senso, ce n’è abbastanza per prendere posizione, provare a resistere, fare un tentativo per cambiare le cose, prendere le armi contro un mare di guai, non restare indifferenti, passivi, inerti.
E qua torna il tema del coraggio: in certe situazioni schierarsi può essere necessario, per non sentirsi complici. Agire. Io non so se ne sarei capace, non so se sarei capace di andare in montagna e di lottare al costo della vita.
Quindi festeggio il 25 aprile, ammiro chi ha combattuto nella Resistenza e mi chiedo, mentre la piazza freme per il destino di Gaza, se di Resistenza non ci sarebbe bisogno laggiù, se davvero i cittadini di buona volontà, che sicuramente esistono, non possano provare a fermare il massacro che, oltre allo sterminio e all’annichilimento di un popolo, rischia di azzerare completamente ogni senso di empatia verso Israele e verso gli ebrei, rinfocolando un antisemitismo mai sopito e riacceso dalla pretesa assurda di ritenersi nel giusto, mentre ci si macchia la coscienza di un massacro terribile.
E io che mi pensavo che la Bellezza avrebbe salvato il mondo mi sento un idiota.
Vabbè, lo so, è una citazione telefonata, facile, da due euro proprio.
Ma già che ci sono, per riequilibrare il post, vi regalo una lettura rinvenuta in un volumetto acchiappato su una bancarella lucchese. Roba fina.
L’ha scritta Raffaele La Capria, mica pizza e fichi. Dicono addirittura che Sorrentino s’ispirò a lui inventandosi Gep Gambardella.
E Sorrentino is an honorable man.
Leggi qua:
Gli uomini di cultura e gli intellettuali, ma non essi soltanto, sentono come una ferita non rimarginabile e un attentato alla loro persona la distruzione e la negazione della Bellezza. Si sta affermando una specie di negazionismo estetico con cui dobbiamo confrontarci ed al quale dobbiamo opporre una continua, accanita resistenza.
Una delle forme di resistenza è per me la nostalgia, che dovrebbe cambiare di segno, ed essere intesa non più come un malinconico sentimento di rimpianto per un passato che non ritorna, ma diventare invece un’arma di combattimento che ci può sostenere nella nostra battaglia.
Ricordare com’era il mare quand’era trasparente, com’era il cielo quand’era intatto, com’era la terra quand’era incontaminata, significa ricordare a tutti come dev’essere ancora il mondo che vogliamo.
E quella Bellezza che non sappiamo ben definire perché è misteriosa come un’Annunciazione, quella Bellezza che appare non solo nelle opere d’arte ma anche quando passa una bella ragazza, o quando un uccellino saltella sul davanzale, o quando un insetto ci mostra i suoi colori e un tramonto si estenua nel cielo, quella Bellezza che riconosciamo e di cui abbiamo nostalgia, oggi diversamente dal passato, dev’essere difesa perché è in pericolo e gli uomini potrebbero perderne il sostegno.
Non voglio ripetere per l’ennesima volta che “La Bellezza salverà il mondo”, ma quella frase contiene una verità che non va dimenticata.
(Raffaele La Capria, tratto da Capri e non più Capri, ripubblicato da Pagine d’Arte, 2024)