Vivo o morto o X
In tanti scappano da X/Twitter. In tanti dicono che Musk se ne farà una ragione. Ma è l'occasione per riparlare delle piattaforme che si sono mangiate internet.
Ok, Bluesky, il social approdo dei fuggitivi da X, è a 15 milioni di utenti, pochissimi italiani, niente in confronto alle centinaia di milioni di utenti attivi quotidianamente sull’ex Twitter caduto in mano allo spaventoso miliardario nella foto, cha sembra il parto di un incrocio tra un film di James Bond e Cattivissimo me.
Ok, la conversazione andrà un po’ dove vuole, ma non è questo il punto.
Il nodo è lo strapotere di certe piattaforme e la distanza siderale dall’epoca della netiquette, roba di trent’anni fa che per l’orologio di internet corrispondono a cinque o sei ere geologiche.
Intendiamoci, non si poteva mica pensare che il progressivo imbarbarimento del linguaggio della politica, che ha contagiato il mondo peggio della pandemia, lasciasse isole felici in qualche anfratto del web.
Ma è anche attraverso quelli che per comodità definiamo social che l’inciviltà s’è allargata e diffusa, spazzando via liturgie e convenzioni istituzionali, fino a riesumare qualche mostro del passato, con la rifioritura dell’odio seminato in altri tempi e rimasto seppellito finora, in attesa di nuove opportunità di germogliare.
Se X è oggi la pietra dello scandalo, per l’uso disinvolto che ne fa Musk, che lo ha reso veicolo delle proprie convinzioni politiche, va detto che la moderazione (cioè: le regole imposte dalla piattaforma), presente o assente a seconda dei contesti, condiziona pesantemente da sempre la conversazione negli ambienti social, creando bolle come stagni, che ridimensionano l’idea dell’internet come oceano di qualche decennio fa. La metafora della navigazione e il timone di Netscape sono un lontano e sbiadito ricordo.
Su Facebook in tanti lamentano la pressione della moderazione che limita la diffusione di alcuni contenuti politici e la possibilità di interagire di certi utenti che incappano nelle grinfie dell’algoritmo censore. In tanti aggirano l’ostacolo linkando contenuti nei commenti, evitando condivisioni che vengono sostanzialmente silenziate.
Per tacere di censure di nudi di opere d’arte, via libera a contenuti neonazifascisti e catalogazione grottesca e impropria di post e immagini con intenti completamente fraintesi. Di Palestina non è lecito parlare liberamente. I complottisti, gli haters, i falsari invece proliferano liberamente.
Il tutto accade in massima parte nei recinti stabiliti dalle piattaforme: per molti internet coincide con i social frequentati, instagram, x, facebook eccetera. Resta lo stagno, cioè, mentre si ritirano le acque dell’oceano.
L’ingerenza di Musk negli affari interni italiani ha acceso una luce sui possibili effetti di questa concentrazione di potere nelle mani dei proprietari delle piattaforme. Paure e paranoie che alimentano scenari apocalittici, schedature di massa, restrizioni della libertà, gente che sparisce nottetempo e via delirando.
Speriamo si tratti di paure eccessive. Nella storia breve ma intensa di internet si sono alternate ascese e cadute. Strumenti che venivano utilizzati dal mondo intero sono oggi superati, spariti, dimenticati, o resi marginali, pur avendo in molti casi fatto la storia.
Yahoo, Altavista, Netscape, Mosaic, Eudora, Napster, ICQ, mailing list a tema…
Restano vive delle riserve private in cui ci si può esprimere liberamente a beneficio di un pubblico di (25) lettori: blog, newsletter, forum. Strumenti arcaici, non certo immuni da un controllo esterno, ma autoregolati/regolabili. E poi c’è la mail, che però è roba quasi del tutto di Google (gmail).
Insomma, starne fuori è dura, ma non si muore.
Semmai si perde visibilità.
E l’era dell’ombelico non è mai tramontata.